Ho invitato la mia amica a festeggiare il suo compleanno in un ristorante. Eravamo entusiaste di avere questa opportunità di festeggiare. Ero felice di portarla in un ristorante in cui non era mai stata e di trascorrere con lei una giornata diversa. 

Siamo andati a ordinare il piatto e ho detto al cuoco di renderlo speciale perché era il compleanno della mia amica. Lui le fece gli auguri e disse in gergo che era brutto compiere gli anni perché più si invecchia, più ci si avvicina alla morte. Pensai che fosse una cosa comune da dire, ma allo stesso tempo era strana per il momento che stavamo vivendo. Dissi alla cuoca che eravamo felici di essere vivi per festeggiare il suo compleanno. E lui ha insistito nel dire lo stesso su quanti anni ancora stavano per arrivare alla morte. E io ci guardavo lì, io con la mia amica e lui che cucinava, c'era così tanta vita... Ho pensato che non stesse osservando quello che stava succedendo in quel momento. Allora ho detto che ero felice che fossimo vivi, che stessimo festeggiando il nostro anniversario e che lui fosse in grado di cucinare questo piatto. E lui mi ha risposto che era vero, perché nessuno al mondo avrebbe fatto quel piatto in quel momento e nel modo in cui lo fa lui. Entrambi abbiamo confermato quello che stava dicendo, abbiamo lodato il suo piatto e abbiamo sottolineato la vita che c'era e che in un certo senso stava partecipando a questo anniversario. Abbiamo visto la sua espressione facciale cambiare. Ci siamo resi conto che sorrideva di più e che guardava a quel momento in modo diverso, come unico e vivo. Siamo andati ai tavoli felici di quanto era accaduto. Io e la mia amica abbiamo pensato che era in grado di guardare l'esperienza che stava accadendo e di parteciparvi. A quel punto ho pensato molto a ciò che il gruppo comunitario aveva fatto su di me e ne vedo le conseguenze nella mia vita quotidiana. Il gruppo mi ha aperto gli occhi per guardare l'esperienza e rimanere con essa per raccogliere i suoi buoni frutti.

Grazie al gruppo!

Hellen